Effetto-notte in pittura. Artisti vari


fotomontaggio The Shining- Tisbe di Waterhouse
Tisbe all'Overlook Hotel- J.W.Waterhouse
The Shining, Pulp Fiction e Il favoloso mondo di Amélie.
Nulla, o quasi, accomuna tra loro questi tre film se non fosse per alcune scene entrate oramai nell'immaginario collettivo, come: l’orbitopatia di Amélie, lo sgangherato twist di John Travolta o il sadico ghigno di Jack Nicholson.

Oggi Scoria dell’Arte propone cinema e pittura: un connubio senza dubbio interessante. 
Ai cinefili più incalliti non sarà di certo sfuggito come alcuni tra i più grandi e audaci registi omaggino la Terza Arte nelle proprie pellicole, ispirandosi per alcune scene a celebri capolavori della pittura.

E se invece fosse la pittura a ispirarsi alla Settima Arte?

Con Effetto-notte in pittura, Scoria dell’Arte analizza la produzione artistica di coloro che, in vario modo, sono stati influenzati dal mondo della celluloide.
Lungi dal voler esaurire in sole tre immagini l’ampio discorso del legame indissolubile tra cinema e pittura, Scoria dell’Arte si riserva la facoltà di approfondire la faccenda con post futuri.
E subito la faccenda si tinge di tinte fosche se esaminiamo Tisbe all'Overlook Hotel, il primo dei tre dipinti. L’opera, un olio su tela, è stata realizzata dal pittore britannico John William Waterhouse, esponente della corrente preraffaellita.  La produzione di Waterhouse può essere raggruppata in tre filoni principali: le opere di ispirazione classica, le opere a tema arturiano e quelle a vocazione cinematografica, tra cui spicca appunto Tisbe accostata al muro.
L’intenzione originaria di Waterhouse era quella di rappresentare in pittura la leggenda ovidiana dell’amore tra Piramo e Tisbe che, contrastati dalle rispettive famiglie e sprovvisti di smartphone, erano costretti a parlarsi attraverso la crepa nel muro che separava le loro abitazioni. 
Un amore, si direbbe, che riesce a superare qualsiasi ostacolo. 

Tuttavia nell’intenzione originaria dell’artista qualcosa sembra essere andato storto e la romantica evocazione di Tisbe che appoggia l’orecchio al muro per ascoltare i soavi sussurri d’amore di Piramo, lascia il posto all’inorridita Wendy, protagonista di The Shining, che si spiaccica al muro per evitare i colpi di scure dell’amorevole e premuroso marito. 

Una vita dura, quella di Wendy, costretta ad abbandonare qualsiasi contatto con l’umanità per seguire il marito Jack, scrittore fallito, disoccupato e alcolista anonimo, nel suo mirabolante scatto di carriera come guardiano di uno sperduto hotel di Frittole dove Wendy si auto-immola come sguattera full time, districandosi nel poco tempo libero tra le turbe psichiche del figlioletto Danny e il disturbo borderline del marito. 

Waterhouse consegna alla Scoria dell’Arte l’immagine topica del capolavoro di Stanley Kubrick: Wendy che, alla vista dell’ascia che fa capolino, urla, grida, schiamazza, si dispera e invoca aiuto. 
Tanto sono a Frittole e nessuno può denunciarla per disturbo alla quiete pubblica.

In assoluto, il miglior film horror della storia del cinema, dopo L'esorcista.

Influenze filmiche sono ravvisabili anche in Bartolomé Esteban Pérez Murillo, il pittore spagnolo autore di Mia alla finestra, conservato alla National Gallery di Washington.


fotomontaggio Pulp Fiction in dipinto famoso
 Mia alla finestra - B. E. Pérez Murillo

Pare che il dipinto sia liberamente ispirato al personaggio di Mia Wallace, protagonista di Pulp Fiction, celebre pellicola del ’94 di Quentin Tarantino. Tra sparatorie splatter, teste che saltano, iniezioni di adrenalina piantate nel petto e scene di sodomia e sadismo, Murillo ritrae quello che evidentemente considera il particolare più scabroso dell’intera pellicola: il personaggio di Mia che fuma una sigaretta, tant’è vero che la visione del dipinto venne inizialmente vietata ai minori di 18 anni, successivamente abbassata ai minori di 14. 

Murillo ritrae due donne in stile galiziano affacciate alla finestra e illuminate dalla luce del sole che contrasta con lo sfondo buio della stanza. La donna più anziana fa capolino dall'anta della finestra e, con evidente fastidio, nasconde bocca e naso con lo scialle. La più giovane, Mia Wallace, attrezzata con unghie e labbra rosso vivo, volge lo sguardo all'osservatore mentre si concede una boccata d’aria fresca. 
Completa il look il caschetto nero corvino con frangia impeccabile.

Altro celebre caschetto del mondo del cinema è quello di Amélie che il pittore Jan Vermeer nasconde sotto il turbante di Ragazza con cucchiaino di perla.


fotomontaggio Ragazza con l'orecchino di perla-Il favoloso mondo di Amelie
Ragazza con cucchiaino di perla - J. Vermeer


Scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet, Il favoloso mondo di Amélie narra le vicende di una giovane donna che, vestiti i panni di una moderna fata turchina, ingenuamente s’illude di superare i propri problemi dispensando gioia e felicità a destra e a manca, grazie a trovate geniali e al suo sguardo a tratti inquietante.

L’ampiezza delle orbite oculari di Amélie deve essere rimasto un ricordo indelebile anche per Jan Vermeer, al punto da crearne uno dei capolavori più noti della Scoria dell’Arte in cui l’espressione languida e innocente di Amélie campeggia incontrastata in primo piano.

L’ingenua fanciulla è rappresentata a mezzo busto con la testa di ¾ rivolta verso lo spettatore. Un turbante, composto da una fascia azzurra e un drappo giallo, le cinge la testa coprendo il taglio di capelli all'ultimo grido. La luce, proveniente da sinistra illumina il volto dal naso sottile e dai grandi occhioni scuri. Unici monili sfoggiati da Amélie sono l’orecchino e... il cucchiaino di perla che la ragazza impugna quale strumento prediletto per giocare con il cibo.

Un’indiscussa perla del cinema e della pittura mondiale.



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